Liberi per donarsi

#CHESTATEFACENDO, IL CAMPOSCUOLA DIOCESANO PER I GIOVANI

Ad inizio giugno un pensiero si è fatto strada tra le menti di alcuni membri dell’équipe di Pastorale giovanile: “Che razza di estate è un’estate senza camposcuola?” Un’idea scomoda, audace e presuntuosa che ha generato una serie di domande come: “sarà possibile organizzare un evento diocesano?”, “quali accorgimenti dovremo prendere?”, “con tutte le limitazioni che ci saranno si riuscirebbe comunque a realizzare qualcosa di bello?”, “gli educatori accoglierebbero la proposta?” ed altre mille a cascata. Eppure… ormai la miccia si era accesa: bisognava almeno tentare. In un batter d’occhio nasce il progetto: unire animatori di diverse parrocchie e cominciare ad organizzare una proposta valida, divertente e profonda per i ragazzi dai 15 ai 18 anni. Dopo tre mesi di preparazione e di preoccupazioni passati in un attimo tra scelta del tema, invenzione di giochi e scenette, formazione e riflessioni profonde, l’appuntamento era alla casa di Barcaglione il 4 settembre, data di inizio di #ChESTATEfacendo. Nella mattina gli animatori e i ragazzi sono arrivati da tutti gli angoli della diocesi (e non solo): Filottrano, Camerano, San Biagio di Osimo, Agugliano, San Giuseppe Moscati, Tavernelle, Torrette, San Cosma e Damiano, Castelferretti, Falconara e Jesi.

 

Il filo rosso tra i giochi, le attività, le riflessioni e le preghiere era il tema della libertà e, per comprenderne ogni sfaccettatura, gli educatori hanno preso spunto da tre storie: le vicende di Jean Valjean, che hanno catapultato i ragazzi nella Francia del XIX secolo con la storia dei Miserabili, il racconto evangelico di Zaccheo nelle preghiere del mattino e della sera ed, infine, la favola della Gabbianella e il gatto, meditata sotto il cielo stellato durante la veglia del sabato. Dai racconti sono emersi tre aspetti chiave: per essere veramente liberi bisogna essere consapevoli dei condizionamenti, interni o esterni, che minano la nostra capacità di scegliere e quindi di fare ciò che vogliamo, o ancora meglio di intraprendere la strada pensata per noi. Come ci ha ricordato il Vescovo Angelo nella sua visita il venerdì pomeriggio, bisogna sempre prestare attenzione al non confondere la libertà con il “libertinaggio”, cioè il fare ciò che voglio per il puro gusto di poterlo fare. La vera libertà è quella che si realizza nella dimensione dell’altro, nel servizio o, in altre parole, nell’amore. Allontanandosi dalla logica del mondo che dice che “la mia libertà finisce quando inizia la tua” si passa ad un concetto più profondo, più maturo, più radicato: “la libertà, se non si gioca per qualcuno, non è libertà” recitano le maglie del campo indossate dai ragazzi ed animatori. Per esprimere questo concetto, l’ultima giornata è diventata il palcoscenico di tre testimonianze di volontariato: Alessandra, Agnese e Manuel hanno raccontato la storia dell’associazione jesina Amicizia a domicilio, che nasce dal desiderio di alcuni giovani di aiutare le persone in difficoltà economiche con un sostegno concreto, ma soprattutto umano; Adriano e Martina della Croce Gialla di Ancona hanno sottolineato luci ed ombre legate all’invisibilità del malato nella nostra società ed infine, attraverso una video-intervista, la storia di Nicolò Govoni, ragazzo di 26 anni candidato al premio Nobel per la pace che si è attivato per costruire scuole, centri di accoglienza e corridoi umanitari in tutto il mondo. Oltre alla straordinarietà, per i ragazzi anche gli animatori stessi del camposcuola sono diventati un esempio di servizio quotidiano, un dono gratuito e generoso: al camposcuola #ChESTATEfacendo non è mancato niente, poiché ciascuno ha scelto di mettersi a servizio degli altri con amore. Un grazie dal profondo va a tutti coloro che hanno creduto fin da subito nella validità dell’iniziativa e che hanno permesso di realizzarla, coinvolgendo poi altri; un altro ringraziamento va alla Pastorale giovanile, a Don Alessio e all’Arcivescovo Angelo, per aver supportato la proposta fin da subito; il terzo grazie va a Lorenzo, Pietro, David e Jacopo, i super seminaristi che, nonostante i cento impegni parrocchiali e formativi, hanno messo cuore e anima nella preparazione e poi, durante il campo, hanno contagiato tutti con l’entusiasmo della fede; infine il più grande va ai ragazzi che si sono fidati dei loro animatori e si sono tuffati in un’avventura nuova, inedita, diversa da quelle alla quale erano abituati, probabilmente perché consci di un fatto peculiare: durante i campiscuola si respira un’aria diversa, una rottura con la quotidianità, un affiatamento ed un’energia che difficilmente si trovano altrove. Si percepisce, più chiaramente del solito, la presenza di Qualcun altro, che parla attraverso le emozioni provate, le rivelazioni inaspettate, le persone incontrate. Quel progetto, così impossibile a giugno, non solo si è realizzato, ma è stato un successo, perché c’è stato il coraggio di sognare. Come ci ricorda Papa Francesco, “i sogni sono importanti. […] I sogni grandi sono quelli che danno fecondità, perché pensano con il “noi”. Il contrario dell’io è il noi, non il tu: i veri sogni sono i sogni del noi. I sogni grandi sono estroversi, condividono, generano nuova vita. E i sogni grandi hanno bisogno di una sorgente inesauribile di speranza, hanno bisogno di Dio […]” Ora possiamo dirlo con assoluta certezza: nonostante le mascherine, il distanziamento e tutte le regole da rispettare, ne è valsa la pena. Finché lo si farà per qualcun altro, ne varrà sempre la pena.

 

«Volo! Zorba! So volare!» strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L’umano accarezzò il dorso del gatto.
«Bene, gatto. Ci siamo riusciti» disse sospirando.
«Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba.
«Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano.
«Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.

 

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