Via Crucis dei giovani sul Monte Conero

Dopo due anni di stop a causa della pandemia, è tornata la Via Crucis dei giovani sul Monte Conero con l’Arcivescovo Angelo Spina. Venerdì 8 aprile centinaia di ragazzi sono partiti da Metàmonte e hanno raggiunto la Badia di San Pietro al Conero, meditando le sei stazioni preparate dalla Pastorale giovanile. Nel buio della notte, seguendo la croce, hanno ripercorso il cammino di Gesù verso il Calvario, un cammino di sofferenza e solitudine che continua ai nostri giorni. Nelle meditazioni sono infatti state ricordate le molte facce del dolore attuale, dalla guerra in Ucraina agli effetti del covid sui giovani.

Nella prima stazione “Gesù è rinnegato da Pietro”, i ragazzi hanno chiesto perdono per tutte le volte in cui si sono vergognati di dichiararsi cristiani: «Perché è così difficile essere se stessi, essere di Gesù anche a scuola, a lavoro o a casa e non solo nel gruppo parrocchiale e la domenica a Messa?», e hanno ringraziato il Signore perché «nonostante i nostri tradimenti, Tu non ti stanchi di noi e continui a mostrarci il tuo volto di misericordia e amore». Nella seconda stazione “Gesù, tradito da Giuda, viene arrestato e condannato”, la meditazione proposta ha invitato a riflettere sulla guerra. A volte «siamo indifferenti, distratti, annoiati, di fretta. Anche le notizie e le storie più sconvolgenti, come la strage di Bucha, rischiano di passarci distrattamente davanti agli occhi. Pilato decide di non scegliere, di voltarsi dall’altra parte. Noi invece possiamo scegliere, partendo dalle nostre piccole guerre quotidiane, portiamo pace in famiglia, tra amici, a lavoro». Nella terza stazione “Gesù è aiutato da Simone di Cirene a portare la croce”, i giovani hanno riflettuto sulla parola “accoglienza”, perché «è fondamentale riscoprire l’esigenza della prossimità, del farsi prossimo, cioè vicino, l’uno all’altro. L’unico vero antidoto a quella che papa Francesco ha definito “globalizzazione dell’indifferenza”, è l’impegno quotidiano alla prossimità, che si realizza con l’accoglienza. Anzichè “selezionare” le persone, stabilendo chi è prossimo e chi non lo è, rendiamoci disponibili a “essere prossimi”, come il Cireneo che si fa carico della Croce di Gesù». Nella quarta stazione, la caduta di Gesù sotto il peso della croce ha riportato alla mente la solitudine, le incertezze e le paure provate dai giovani a causa della pandemia: «Allarghiamo lo sguardo sui ragazzi che faticano a districarsi dal subbuglio nei loro cuori, a staccarsi da uno schermo, trovare la determinazione di tornare ad uscire dalla loro camera, ad abitare i banchi di scuola, a far nascere amicizie. Da soli è più dura camminare sotto i pesi delle nostre croci. Per questo impariamo a tenerci per mano, per affrontare insieme questo viaggio».

Nella quinta stazione “Sulla via della croce, Gesù incontra sua madre”, la meditazione ha ricordato «quante volte ci capita di vedere le persone intorno a noi attraversare momenti della vita faticosi» ed è stata raccontata la storia di Victoria, «una mamma di 53 anni, originaria della città di Leopoli. Allo scoppio della guerra, ha subito chiamato suo figlio Andri per organizzarsi e raggiungerla qui in Italia, dove lei vive da 10 anni. Ma Andri, medico, di 30 anni, ha deciso di restare nella sua città, tra le sua gente, al suo lavoro. Ogni giorno esce di casa per recarsi in ospedale. E ogni giorno durante questo tragitto Victoria lo chiama, perché ha bisogno di sentirlo per alleviare, seppure per qualche minuto soltanto, la sua costante preoccupazione. In sottofondo, a volte, si sentono le sirene che danno l’allarme, che le risuonano in testa e non le danno tregua». Nella sesta stazione “Gesù muore, inchiodato alla croce”, i giovani hanno ricordato che «la cultura dominante ci ha insegnato ed è cresciuta convincendoci che ogni cosa avesse un prezzo è che tutto potesse essere acquistato…poi negli ultimi due anni, all’improvviso, la pandemia ci ha fatto comprendere come proprio le realtà che hanno più valore sono totalmente gratuite…come un dono gratuito è quello di Dio per ciascuno di noi: non esita ad offrire tutto se stesso, sulla croce, per donarci il suo amore, scandalosamente gratis. Così seguendo la sua logica e il compito che ci ha affidato – “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” – possiamo cogliere la testimonianza, ancora oggi, di come la grazia di Dio è al lavoro e opera meraviglie nella vita di tante persone: è così per tutti i medici e operatori sanitari, che in tempo di Covid, non si sono risparmiati, e hanno offerto la loro stessa vita per assistere instancabilmente coloro che erano malati e bisognosi di cure! La loro vita incarna quanto già aveva compreso Sant’Agostino: “la vera misura dell’amore è amare senza misura”».

Arrivati davanti alla Badia di San Pietro al Conero, Mons. Angelo Spina ha sottolineato che «è dalla croce che nasce la pace. Nel Getsemani, quando Gesù fu tradito da Giuda con un bacio e le guardie andarono per arrestarlo, Pietro prese la spada e tagliò l’orecchio di un soldato. Gesù gli disse: “Pietro, rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada”. Queste parole pronunciate da Gesù indicano chiaramente che la via della violenza e delle armi non crea la fratellanza. La pace sgorga proprio dalla croce, che è il segno dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Guardiamo alla croce di Cristo, luce per il nostro cammino, per essere artigiani della pace».

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