Chiunque abbia partecipato ad un camposcuola, come animatore o come animato, sa che oltre ad una peculiare stanchezza fisica e ad un inesauribile entusiasmo, percepibile nei racconti delle avventure appena vissute, si prova anche un indistricabile guazzabuglio di emozioni. Due tra tutte sono quelle che mi colpiscono di più: un profondo sentimento di smarrimento che si appiccica alla pelle (perché casa nostra, anche solo dopo una sola settimana, sembra troppo stretta, vuota e silenziosa) e un sincero senso di gratitudine e pienezza nel cuore, ripensando a tutti quei momenti indelebili che scorrono come una carrellata di foto davanti ai nostri occhi.
Nonostante si tratti della seconda edizione di ChEstatefacendo, camposcuola diocesano organizzato dalla Pastorale giovanile per i ragazzi dai 15 ai 17 anni, in questi periodi di incertezza
si ha sempre un po’ di paura nel proporre qualcosa di così impegnativo come una settimana fuori, perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Eppure, quando lo Spirito soffia, niente può fermarlo: grazie al sostegno del nostro Vescovo Angelo e degli incaricati dell’ufficio Don Alessio e Don Giovanni, gli animatori non si sono arresi hanno scelto insieme di provare a organizzare qualcosa di bello… e la partecipazione è andata ben oltre le aspettative! C’erano ragazzi, educatori e seminaristi provenienti da molte parrocchie del territorio: Agugliano, Tavernelle, San Biagio di Osimo, Montesicuro, San Marco Evangelista, San Giuseppe Moscati, San Giuseppe e Beata Vergine M. del Rosario a Falconara, Numana, Santi Cosma e Damiano, Gallignano, Camerano,
Santa Maria Assunta di Filottrano, Casine di Paterno, Castelferretti, Torrette, Polverigi, San Carlo di Osimo, Offagna, Misericordia di Osimo e Pietralacroce.
In questa settimana abbiamo cercato di rispondere ad una domanda, apparentemente semplice, ma che in realtà ha scatenato veri e propri moti del cuore: “che gusto c’è” nelle relazioni che
intessiamo? Ogni giornata la declinava poi in un rapporto diverso: che gusto c’è nell’incontrare il Voi, ovvero il diverso da me, a volte così incomprensibile da fare paura, ma che invece può essere una grande ricchezza per me? Che gusto c’è ad accettare il mio Io, con le sfumature di tutti i colori che mi appartengono, anche quelli che mi piacciono meno? Che gusto c’è nell’incontro con un Tu speciale, con cui condividere l’affettività e cercare di costruire insieme qualcosa di unico? Che gusto c’è nella relazione con Lui, Dio, che anche se a volte facciamo fatica a sentire, è sempre accanto a noi pronto ad incontrarci? Infine, che gusto c’è a creare un Noi unito, che condivide valori e mete da raggiungere, oltre che ad un profondo senso di amicizia? Le domande nate in questi momenti erano tantissime, perché da ciascuna ne scaturivano altre proprio perché l’intenzione non era quella di dare risposte (sarebbe stato troppo presuntuoso da parte nostra), ma di cercare insieme il vero sapore dell’incontro.
Tra tutti gli avvenimenti di questi giorni (la visita da parte del Vescovo e di Don Luca, gavettoni sotto il sole, giochi serali, condivisioni, deserti, partite a pallavolo, laboratori biblici, scherzi
notturni, canti improvvisati con la chitarra…), il vero e proprio culmine del camposcuola è stato il vivere insieme la Messa conclusiva la domenica pomeriggio. La celebrazione nel sottobosco della casa dei Cappuccini, coinvolgente ed emozionante, sembrava cucita proprio su di noi: dalla scelta dei canti alle letture, dall’omelia di Don Alessio ai momenti condivisi a voce alta durante
l’offertorio. Al termine del campo ci siamo chiesti che cosa ci porteremo a casa di questi giorni vissuti insieme e credo che la risposta possa essere questa: oltre all’amicizia, a prescindere che
fosse appena sbocciata o consolidata, ci siamo impegnati ad indossare uno sguardo nuovo, di amore per il prossimo e per me stesso, di accettazione, di ricerca della bellezza intorno a me. E,
magari, la voglia perenne di rispondere alla domanda: “che gusto c’è?”
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